All’On. Ministro della Giustizia Alfonso Bonafede

Quando venti anni fa, con la riforma del Ministero della Giustizia, vennero istituite le nuove direzioni generali, molte di esse (pressoché tutte quelle che esercitavano un ruolo gestionale) furono attribuite a dirigenti di carriera: dal Personale, ai Servizi informatici, dalle Risorse materiali, al Bilancio.

Ed anche altre posizioni rilevanti sono state, negli anni, assunte con ottimi risultati da Dirigenti di carriera: basti pensare agli incarichi di Vice Capo Dipartimento, presso Dog, Dag e Dap.

Poi, è iniziata quella che noi riteniamo una controriforma strisciante.

Ad iniziare dalla governance della DGSIA e degli Uffici giudiziari, dove i dirigenti di carriera sono stati, nel primo caso completamente espunti (e se ne vedono le conseguenze), nel secondo sminuiti nell'esercizio del ruolo.

A tal proposito ci chiediamo: cosa impedisce, a maggior ragione in questo momento di grande emergenza, di nominare il Direttore Generale per le Risorse materiali e per le Tecnologie, posizione per cui ci risulta sussistano più candidature di Dirigenti? Forse si è alla ricerca di "un magistrato a prescindere" e non se ne trova uno disponibile o adatto?

Signor Ministro,

noi dirigenti associati ci aspettiamo da Lei il coraggio di imprimere finalmente un cambio di passo, una svolta.

Il nuovo clamore mediatico sulla gestione della Giustizia nel nostro Paese reclama un rapido ripensamento della discussa prassi dei magistrati fuori ruolo.

Autorevoli voci si sono espresse in tal senso. A partire dal noto costituzionalista Sabino Cassese che ha ben sottolineato come “i magistrati sono scelti per giudicare, ma vengono assegnati a compiti 

amministrativi, per cui non sono idonei perché non addestrati, né specializzati a questa funzione. Poi, fanno parte di un ordine autonomo, quello giudiziario, ma vengono messi al vertice dell'apparato amministrativo, che è parte del potere esecutivo. Che ne penserebbe Montesquieu, se fosse tra di noi?” Per non citare il prof. Giovanni Fiandaca e tanti altri giuristi su riviste e sui social.

Pure l’Avvocatura non è rimasta indifferente a questi temi, come attestano recenti documenti delle Camere Penali dove si è arrivati a dire “La magistratura italiana non si limita ad esercitare il potere giurisdizionale che la Costituzione le affida, ma letteralmente amministra e governa settori vitali del potere esecutivo, soprattutto - ed in modo assoluto ed incontrollabile - il Ministero di Giustizia. È necessario ed urgente un intervento che ponga fine alla prassi indecorosa dei fuori ruolo, perché in una democrazia il Governo è riservato a chi viene eletto dal popolo sovrano, e ad esso infine ne risponde. La Magistratura ha altra e diversa funzione, solennemente assegnatale dalla Costituzione.”

Prendiamo tutti atto che il Ministero, il Paese, la stessa Magistratura, per rigenerarsi, hanno bisogno di più magistrati ad esercitare la giurisdizione; e meno ad assumere ruoli dirigenziali e amministrativi per cui non sono stati reclutati e formati, e che esulano dalle loro dinamiche motivazionali e di carriera.

È proprio per questo che l’attribuzione a magistrati di incarichi nelle Amministrazioni finisce inevitabilmente per rispondere ad equilibri e finalità quantomeno ambigui, come la sconvolgente inchiesta di Perugia attesta si sia verificato persino per ruoli di vertice nel Ministero della Giustizia.

In questo tempo difficile e di riforma per l’intero sistema istituzionale, crediamo che si debba cogliere l’occasione per un miglioramento degli assetti costituzionali con un riequilibrio tra poteri dello Stato, che preservi, nei fatti e non soltanto nelle parole, anche l’autonomia della giurisdizione, valore fondante della nostra democrazia.

Il Presidente Nicola Stellato