L’emergenza sanitaria in atto e le sue ricadute sull’amministrazione della Giustizia hanno messo quanto mai in evidenza, che gli attori in scena (magistrati, avvocati, personale amministrativo) hanno medesima o simile formazione, ma non parlano lo stesso linguaggio, né hanno il medesimo peso politico e sociale.

La narrazione di questi giorni, culminata nell’annuncio della riapertura, il 30 giugno, di tribunali mai chiusi, ne è esempio e conseguenza.

La mancata piena ripresa dell’attività giudiziaria sarebbe dovuta al lavoro agile del personale amministrativo, riluttante a rientrare in presenza negli uffici. E ciò si è ritenuto giustificasse richieste dell’Avvocatura di verifica della effettiva produttività del lavoro agile.

Va ricordato allora che nella fase del picco pandemico noi dirigenti della giustizia abbiamo dovuto attivare velocemente migliaia di progetti di lavoro agile, attuando disposizioni dei Ministeri della Salute e degli Interni, oltre che del Capo del DOG e ponendo innanzi a ogni altro interesse la tutela della salute di cittadini, avvocati, magistrati, addetti alla vigilanza o alle pulizie.

Nondimeno abbiamo garantito -tramite presidi in presenza- i servizi essenziali della giustizia, intendendo per tali prima quelli di cui all’art. 2 del DL 11 del 8 marzo 2020, e poi quelli di cui all’art. 83 del DL 18 del 17 marzo del 2020.

Non vi è dubbio che il passaggio repentino, da “tutti in ufficio” a “tutti a casa” abbia creato problemi e ritardi. E che questi avrebbero potuto essere evitati con la disponibilità per il personale di pc portatili e l’accessibilità da remoto ai sistemi informatici civile e penale, oltre che puntando di più sulle udienze da remoto.

Dobbiamo ricordare comunque che durante l’emergenza, con i magistrati e gli avvocati a casa, al lavoro negli uffici c’erano soltanto i dirigenti e, a rotazione, il personale.

Era stata persino approvata una norma che lo sanciva -il comma 12 bis dell’art. 83 del DL 18/2020. “A tutela del contradditorio” si era ritenuto necessario che lavorasse in presenza soltanto l’ausiliario, mentre avvocati, parti, giudice e pubblico ministero avrebbero potuto tranquillamente operare da remoto!

Inoltre, ci rammarichiamo che il Ministro della Giustizia non abbia ritenuto di interloquire con la Dirigenza di carriera del suo Dicastero, né con le rappresentanze sindacali, avallando le posizioni di chi parla di Tribunali interdetti all’utenza rimasta priva dell’essenziale servizio giustizia.

Né abbiamo registrato interventi a sostegno del personale da parte della magistratura, impegnata a gestire un momento difficile anche in termini di immagine.

Dobbiamo allora noi farci carico di ricordare che il lavoro agile -per il personale dell’amministrazione giudiziaria e di tutto il pubblico impiego- è ancora modalità di lavoro “ordinaria”, almeno fino al 31 luglio 20201, mentre un emendamento al disegno di legge di conversione del DL 28/2020 “intercettazioni”, varato per andar incontro a richieste dell’Avvocatura, ha disposto la “riapertura” di tutti gli uffici giudiziari dal 1° luglio 2020.

Questa norma rischia di creare notevoli problemi organizzativi, in quanto in contrasto con le misure di prevenzione e innovazione, faticosamente elaborate e varate durante l’emergenza2.

Eppure, dirigenti e personale amministrativo avevano già messo in atto, previe interlocuzioni sindacali, una rimodulazione del lavoro agile e di quello in presenza, coerente con le linee guida del DOG -di pochi giorni fa l’ultimo aggiornamento- e degli Uffici Giudiziari. Questi ultimi si sono determinati sempre previa interlocuzione con i relativi Ordini degli Avvocati.

Quale verifica si chiede allora di fare circa il lavoro dei cancellieri, quando anche il personale degli Ordini degli Avvocati opera da casa, analogamente a quanto stanno facendo gli stessi avvocati?

Ma poi i tribunali sono veramente chiusi? Non ci risulta. Accedere previo appuntamento non significa questo, ma soltanto regolamentare gli accessi.

Gli atti telematici sono stati depositati, gli atti urgenti accettati, i provvedimenti pubblicati. I processi penali con detenuti e le convalide garantiti, anche nei momenti in cui era difficile reperire dispositivi di protezione individuali.

Il lavoro agile ha anche consentito -grazie agli applicativi accessibili da remoto- lo svolgimento di attività importanti, quali le liquidazioni agli Avvocati, le protocollazioni informatiche, le comunicazioni, lo smaltimento del lavoro arretrato.

Di contro sarebbe facile dire che le linee telefoniche e le caselle di posta sono state utilizzate frequentemente in maniera impropria. Senza dire della forte resistenza all’utilizzo delle modalità di pagamento e deposito telematiche, pure previste come obbligatorie dalla legge.

L’esperienza negli uffici giudiziari del lavoro agile e degli altri strumenti di flessibilità, quale ad esempio il co-working, non può essere con superficialità archiviata. Va invece analizzata al fine di ripensare l’organizzazione, anche in una ottica di superamento del problema della mobilità del personale tra il Nord e il Sud del Paese.

Pur ribadendo con forza che gestione, verifica e controllo del lavoro del personale amministrativo, quindi anche del lavoro in modalità agile, appartengono alla specifica competenza della dirigenza amministrativa, restiamo aperti al dialogo.

Auspichiamo però un confronto tecnico serio e paritario tra tutte le rappresentanze del mondo della Giustizia, senza escludere la dirigenza e il personale amministrativo, superando cioè, una volta per tutte, l’attuale composizione dei tavoli tecnici del Ministero della Giustizia, nei quali sono troppo spesso coinvolti soltanto magistrati e avvocati.

V. art. 90 D.L. 34/2020.
Udienze da remoto, pur coi limiti introdotti, obbligatorietà della modalità telematica nel processo civile anche per gli atti introduttivi e il pagamento di C.U. e altri oneri, contenimento orari e accessi in presenza del pubblico, avvio del PPT.

Il Presidente ADG Nicola Stellato