Giustizia 2022 e PNRR

Magistrati e CancellieriA ciascuno il suo.
Valorizziamo i ruoli amministrativi per un ripensamento del sistema che garantisca risultati duraturi

Dopo l’approvazione delle leggi delega per la riforma del processo civile e penale il mondo della Giustizia si trova al centro di uno straordinario processo di riforme, innovazione e potenziale miglioramento.

Ingentissime risorse sono state messe a disposizione.

Ci riferiamo, in particolare, a quelle che hanno permesso che migliaia e migliaia di nuove unità di personale stiano per essere destinate agli Uffici giudiziari nell’ambito del modello dell’Ufficio per il processo.

Ciò rende possibile il conseguimento di importanti risultati ma, allo stesso tempo, chiama tutto il mondo della Giustizia (ministero e dirigenza, magistratura e avvocatura, personale amministrativo tutto) ad una forte responsabilità di fronte al Paese.

Queste enormi risorse determineranno senza dubbio una maggiore efficacia del servizio reso.

Ma, se non governate strategicamente, con attenzione al loro impiego ottimale, produrranno contemporaneamente una caduta dei livelli di efficienza.

Benché in questo Paese i termini di efficienza ed efficacia siano usati spesso come sinonimi, il loro significato è ben diverso. Chiunque si sia occupato un minimo di organizzazione lo sa. L'efficienza è definita dal rapporto tra input e output. Cioè tra risorse e prodotto.

Il buon andamento nell’amministrazione prevede il rispetto di criteri non soltanto di efficacia, ma anche di efficienza. Impone cioè la razionalizzazione e il migliore utilizzo della spesa pubblica.

Un impiego non equilibrato delle straordinarie risorse allocate con il PNRR Giustizia potrebbe rivelarsi inefficiente e per questo, a lungo andare, insostenibile.

Registriamo infatti - con preoccupazione - la tendenza presso settori non marginali della magistratura a farne una sorta di “tesoretto" personale. Una risorsa da gestire in autonomia, al di fuori e al di sopra di ogni logica di buon utilizzo.

Non ci possiamo permettere che una interpretazione distorta (se non di comodo) del modello organizzativo dell’Ufficio per il processo vanifichi un'occasione storica.

Il rischio concreto è che il valore aggiunto di questo enorme apporto garantisca il sostegno della produzione dei giudici, e forse anche dei PM, ma risulti privo di ogni logica sistemica e di buona amministrazione.

La giustizia non è soltanto “amministrazione della giurisdizione”, ma anche “amministrazione per la giurisdizione”, funzione amministrativa affidata nell’equilibrio costituzionale al Ministro della Giustizia.

Soltanto reclutando e valorizzando le professionalità che, per ruolo e competenze, sono tenute a garantire tutte le attività amministrative e gestionali, si potrà scongiurare che venga - nel giro di qualche anno - vanificato ogni beneficio di questo enorme sforzo collettivo.

Nell’organizzazione giudiziaria non ci possono essere soltanto magistrati e avvocati, ma anche dirigenti, cancellieri, contabili, statistici, tecnici.

Per valorizzarne l’imprescindibile ruolo è necessario - lo diciamo con franchezza - che si presidi la distinzione tra Giurisdizione e Amministrazione.

Occorrono, in sintesi, meno magistrati prestati - in un lacunoso contesto normativo - a funzioni amministrative e più magistrati a giudicare, riducendo casi e tempi della loro collocazione fuori ruolo. 1

Un’Amministrazione moderna e responsabile deve valorizzare il ruolo di chi fa della gestione il proprio mestiere. Senza dare spazio a poteri senza responsabilità, a responsabilità senza poteri.

Occorre che si affermi una governance plurale e avanzata attingendo a più saperi professionali dove il ruolo amministrativo dei magistrati risponda, senza ambiguità, a limiti legislativamente fissati e insuperabili.

Soltanto così la Giustizia non sarà gestione autoreferenziale di un potere, ma un servizio efficace reso ai Cittadini.

Nicola Stellato

presidente

Giovanni Maria Flick nell’articolo “Magistratura, incarichi extragiudiziari e politica”, pubblicato nella Rivista AIC n. 1/2016, da ex magistrato, affermava autorevolmente come “..occorra una riassunzione di responsabilità da parte del legislatore: non solo in ragione della dimensione quantitativa del fenomeno, ovvero la durata del distacco fuori ruolo e il numero massimo dei magistrati che possono essere collocati fuori ruolo; ma soprattutto sotto il profilo qualitativo. Dovrebbe essere il legislatore ad assumersi la responsabilità – in base alla riserva di legge disposta dalla Costituzione per l’ordinamento giudiziario – di stabilire quando sia possibile una deroga all’ovvio principio per il quale la funzione amministrativa e il ruolo politico sono totalmente diversi dalla funzione giurisdizionale e non devono aver nulla da spartire con essa.